Levy
One Little Indian/Goodfellas
Se vi annoiano gli elenchi di riferimenti, saltate pure le prime due righe di questa recensione: in ordine sparso, Coldplay, Suede, Interpol, Belle And Sebastian, Smiths. Fatto. Sappiate tuttavia che era un atto di onestà dovuta: per inquadrare l’educazione sentimentale di questi giovani newyorchesi del Lower East Village (il nome deriva dal cognome del cantante, James Levy), alle prese con un omonimo debutto i cui aromi non mentono sulla provenienza, da un lato. Per farvi capire in quale campo giocheranno i Nostri nel caso riescano a mantenere quanto promesso in questi asciutti e mai noiosi ventinove minuti, dall’altro. Ancora ingenui, dotati tuttavia di un grande fiuto per la melodia malinconica, i Levy sono già in grado di gestire con sufficiente padronanza un materiale emotivamente scivoloso, e sono egualmente capaci di far intravedere un futuro quanto meno interessante. Mancano le rifiniture a tratti, e a volte il passo è incerto, ma quello che di certo non manca è la sostanza delle canzoni. Nebbiose e wave come “Rotten Love”, smithsiane come “You Be Sweet”, splendida, ammantate di epica brit pop come “In The Woods”, spalancate sugli autunni dell’anima come “Rector Street”. Disco incompleto forse, ma assolutamente coinvolgente.