HOW DO YOU DO
Universal
Il gioco è fin troppo scoperto: avendo fatto bingo con Aloe Blacc, con classicissimo schema mentale da major si riprova a innescare lo stesso meccanismo. E per stesso meccanismo, intendiamo proprio lo stesso: esattamente come Blacc, pure Hawthorne arriva da quella Stones Throw che quando non mette in giro hip hop folle e sregolato (Madlib e amichetti)
ogni tanto si diverte a sciorinare qualche chicca un po’ retrò un po’ no, l’importante è che sia fatta in casa. Ora, però, Mayer non si può più permettere di cucinarsi le cose nel tinello: troppi occhi su di lui, “featuring” da star system (Snoop Dogg, su “Can’t Stop”), cose così. L’impressione è che resterà a metà del guado: di Blacc infatti non ha l’immediatezza, ma cristallizzando come fa il suono in una “nostalgia” non sporcata da gusti bizzarri o lo-fi ma imbevuta piuttosto di compita medietà pop, perde anche ciò che poteva renderlo veramente interessante. Il bianco innamorato del suono Motown è una storia (ab)usata, il più delle volte piace a quelli che comprano cinque dischi all’anno (e uno dei cinque è Bublè) quindi non c’è molto da vantarsene, e comunque nello stesso filone Jamie Lidell ha fatto sinceramente meglio, cantando con più incisività e realizzando pezzi migliori. Fila bene “How Do You Do”, nulla da dire; ma una volta che l’hai ascoltato e riascoltato non ti resta, in realtà, molto.
Tratto dal Mucchio n°693