Aspettative alte, speranze effettive poche. Per band come i Primal Scream, con un “podio” discografico costituito da XTRMNTR, Screamadelica e Vanishing Point, i termini di paragone sono alti e temporalmente distanti, difficili da raggiungere e costantemente minacciati dall’inclinazione della band al fancazzismo stonesiano. More Light arriva dopo la svisata r’n’r di Riot City Blues, il dispensabile Beautiful Future, il godurioso tour di Screamadelica, l’addio di Mani ma soprattutto giunge con alcuni nomi tra i credits – David Holmes, Kevin Shields, Sun Ra Arkestra, Mark Stewart – fondamentali per intuirne il mood.
Accolto come “il loro miglior album dai tempi di XTRMNTR”, il decimo lavoro in studio dei Primals è una rinascita che ricorda quella di Vanishing Point nel 1997, dopo il tonfo di Give Out But Don’t Give Up: con i primi due album condivide la capacità di mettere da parte il vizietto di replicare se stessi e gli Stones, prerogativa della sola It’s Alright, It’s Ok, preferendovi una ricerca deviata e psichedelica. Se Screamadelica era una creatura plasmata da Weatherall, su More Light lo stesso ruolo è della mano cinematica di Holmes, che amalgama il tripudio di archi e fiati con funk acido, blues narcotico, sinfonie free, r’n’r e il cantato sensuale (e politicizzatissimo, come sempre) di Bobby Gillespie, canalizzandoli in un flusso continuo di sound and vision. Le allucinazioni orientali di River Of Pain, che sfociano nelle storture paradisiache della Sun Ra Arkestra, il duetto con Stewart, acido e kovalskiano, di Culturecide, l’onda lunga di Shoot Speed/Kill Light su Hit Void, il noir ’50s di Goodbye Johnny, gli squarci di luce caotica e orchestrale di Sideman, la danza voodoo notturna, con armonica e coro di Robert Plant, di Elimination Blues, la battaglia con schegge cosmo-kraute di Turn Each Other Inside Out non permettono un attimo di distrazione. More Light è un labirinto. O un album che ascolteremo sino a fine anno. E oltre.

Primal Scream